sabato, aprile 22, 2006

LA PIOGGIA NEL PINETO Gabriele D'Annunzio Alcyone


Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione.

Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitío che dura
e varia nell'aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
nè il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancóra, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.

Ascolta, ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s'allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s'ode voce del mare.
Or s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta; ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.

Piove su le tue ciglia nere
sìche par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le pàlpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alvèoli
con come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i mallèoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri vólti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione.

Gabriele D'Annunzio non era certo l'uomo che una donna vorrebbe vicino come compagno di vita... o, perlomeno non quello che vorrei io... Indubbiamente però l'arte delle sue parole è in grado di materializzare immagini, profumi, vibrazioni, sapori... brividi...
Mi è tornata alla mente quest'ode mentre passeggiavo nel bosco alla ricerca delle mie amate erbette...

15 commenti:

Anonimo ha detto...

"i volti silvani", non amo D'Annunzio ma bisogna riconoscere che ha una certa abilità con le espressioni inedite:)

gidibao ha detto...

cucina e poesia...
ma che splendido blog Venere :-)
Credo proprio che ripasserò da queste parti!

grazie per l'ospitalità,

gidibao

rosso fragola ha detto...

adoro D'Annunzio, o meglio le sue parole, la sua capacità di risvegliare emozioni.
Queste righe sono così belle che le riporterei anche sul mio blog.
A proposito...Prego ma...Per quale link mi hai ringraziato?
Non avrò mica dimenticato qualcosa...
Ne sono capacissima lo so, se così fosse fammi capire...

topozozo ha detto...

Facendo eco al tuo commento, mi stavo chiedendo se D'Annunzio possa essere un modello di riferimento per un uomo... A me vien da rispondere di no, ma dovrei pensarci meglio, soprattutto dopo aver (ri)letto i versi che hai citato.

venere ha detto...

Kia: Credo che da gran vanitoso qual era amava di certo le espressioni "d'effetto", ma tra amrale e saperle creare... dobbiamo convenire che è necessaria una certa bravura...
Ciao Gidi! E' la prima volta che sperimento questo abbinamento... Chissà mai in futuro...
Frag, ti ho risposto a casa tua, nessuna dimenticanza, anzi...
Bentornato topo! Passate bene le ferie?... Modello forse è una parola grossa... però qualche ispirazione...

rosso fragola ha detto...

ciao Venere, il tuo link lo avevo inserito già molto tempo addietro, prima dei due disastri che mi hanno semi cancellato il blog, dopo, nonstante le mie proteste a blogspot e le loro scuse, tre link non riuscivo più ad inserirli, uno dei quali era il tuo.
Ciao! :-))

Gloria ha detto...

Che bella questa poesia...grazie. é veramente rilassante tornare al lavoro dopo un martedì di festa, e leggere parole così dolci, la poesia è poesia ...

Gloria ha detto...

grazie della tua visita Venere. Purtroppo foodbay.it non ha molto. Dobbiamo aggiornarlo con catalogo prodotti per vendite in rete. Passa a trovarmi anche tu sul blog ogni tanto, mi fa piacere...io verrò a leggere le tue poesie...

Anonimo ha detto...

Commovente e ammirevoli le parole spese per la poesia del D' Annumzio ma..........bando alle ciance.....vogliamo passare ai fornelli e rimpinguare il piatto che sta piangendo ?

venere ha detto...

Gloria: da grande appassionata dell'e-commerce avevo notato la carenza... Spero di poter presto consultare il catalogo!
Anonimo: la Venere non più in piscina è rintanata in cucina e produrrà presto invitanti leccornie!

Anonimo ha detto...

Ti regalo un'altra poesia di d'Annunzio.
Spero ti piaccia e piaccia anche ai tuoi lettori.

Le mani

Le mani delle donne che incontrammo
una volta, e nel sogno, e ne la vita:
oh quelle mani, Anima, quelle dita
che stringemmo una volta, che sfiorammo
con le labbra, e nel sogno, e ne la vita!
Fredde talune, fredde come cose
morte, di gelo (tutto era perduto):
o tiepide, parean come un velluto
che vivesse, parean come le rose:
rose di qual giardino sconosciuto?
Ci lasciaron talune una fragranza
così tenace che per una intera
notte avemmo nel cuore la primavera;
e tanto auliva la soligna stanza
che foresta d’april non più dolce era.
Da altre, cui forse ardeva il fuoco estremo
d’uno spirto (ove sei, piccola mano,
intangibile ormai, che troppo piano
strinsi?), venne il rammarico supremo:
- Tu che m’avesti amato, e non in vano!-
Da altre venne il desìo, quel violento
Fulmineo desio che ci percote
come una sferza; e immaginammo ignote
lussurie in un’alcova, un morir lento:
- per quella bocca aver le vene vuote!-
Altre (o le stesse) furono omicide:
meravigliose nel tramar l’inganno.
Tutti gli odor d’Arabia non potranno
Addolcirle.- Bellissime e infide,
quanti per voi baciare periranno!-
Altre (o le stesse), mani alabastrine
ma più possenti di qualunque spira,
ci diedero un furor geloso, un’ira
folle; e pensammo di mozzarle al fine.
(Nel sogno sta la mutilata, e attira.
Nel sogno immobilmente eretta vive
l’atroce donna dalle mani mozze.
E innanzi a lei rosseggiano due pozze
di sangue, e le mani entro ancora vive
sonvi, neppure d’una stilla sozze).
Ma ben, pari a le mani di Maria,
altre furono come le ostie sante.
Brillò su l’anulare il diamante
ne’ gesti gravi della liturgia?
E non mai tra i capelli d’un amante.
Altre, quasi virili, che stringemmo
forte e a lungo, da noi ogni paura
fugarono, ogni passione oscura;
e anelammo a la Gloria, e in noi vedemmo
illuminarsi l’opera futura.
Altre ancora ci diedero un profondo
brivido, quello che non ha l’uguale.
Noi sentimmo, così, che ne la frale
palma chiuder potevano esse un mondo
immenso, e tutto il Bene e tutto il Male:
Anima, e tutto il Bene e tutto il Male.

Myrea ha detto...

Nonostante abbia una certa "antipatia" per D'Annunzio, mi piace molto questa sua poesia...soprattutto per il tema della metamorfosi.

venere ha detto...

Ciao nuove poetesse... Vedo che D'Annunzio ha suscitato molta curiosità... Caro Narciso, colpisci ancora e sei attuale a cent'anni di distanza.

Anonimo ha detto...

Bellissima sta poesia... cazzo!

venere ha detto...

Anonimo, diciamo che hai reso l'idea, anche se in maniera non molto poetica....